Visita alla Chiesa

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ESTERNO
Superato il grande cancello in ferro battuto su via magenta, la scala in
mattoni reca alla chiesa di S. Stefano, comunemente conosciuta come
“Oratorio dei Neri”, che è a pianta rettangolare e presenta la facciata in
stile ligure a strisce bianche e grigie, restaurata nel 2012.
Sul sagrato un mosaico di pietre marine tipico “risseu” ligure, con disegni
geometrici, contorna il pavimento in mattoni.
 
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La porta in legno verniciato, è sormontata dallo stemma della
Confraternita “Mortis et Orationis” inserito fra ricchi elementi decorativi
dipinti ad architrave e colonne laterali.
Al di sopra si trova la finestra ad arco con struttura metallica e vetro a
disegno geometrico che immette luce all’interno.
A destra della facciata, come appoggiata al tempio, si innalza la
possente mole in pietre squadrate della Torre Civica, simbolo della
Raggiunta unità comunale:
Eretta dai Rapallesi nel 1473 a fianco della loro antica pieve, venne
sopraelevata nel 1581 quando la si dotò anche di una campana per il
suono delle ore, trasportata dalle Fiandre (come informa la piccola lapide
in marmo posta sopra la porticina d’accesso alla torre) a spese della
comunità del borgo e dei quartieri di Borzoli e Amandolesi.
Con i suoi oltre 32 metri di altezza, la torre si affianca al muro perimetrale
della chiesa che meglio si è conservato nel suo aspetto romanico
originario, arricchito dai conci squadrati e dalle belle monofore in pietra.
 
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A destra si intravvedono ben chiare le tracce dei successivi ampliamenti e
delle modifiche, prima fra tutte l’aggiunta della sacrestia.
E’ pure rilevabile la preesistenza di un manufatto demolito negli anni
sessanta, che va identificato nell’abitazione che il prevosto aveva a
disposizione “dalla parte di tramontana che riguarda verso l’hospitale”
(oggi Municipio) e che in seguito dava accesso alla cantoria e al pulpito.
 
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A sinistra, nell’angolo estremo del tetto si alza il piccolo campanile che
ospita due campane; la più grande, fu fusa dalla ditta Picasso di Avegno
(GE) e del peso di 200 Kg., reca la invocazione “ Sancte Stephane ora pro
nobis – A.D. 1907” mentre la minore, che risale al 1604, porta la scritta “
Ave Maria”.
La copertura del tetto è in abadini d’ardesia rifatta nel 1991.
La copertura della chiesa è in abadini d’ardesia rifatta nel 1991.
Tutt’attorno alla chiesa, quello che fu l’antico cimitero, si presenta oggi
come un ordinato e fiorito giardino, ricco di colori e di piante, suggestiva
oasi naturale in mezzo alle case del centro storico rapallese.
 
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INTERNO
Varcata la soglia, la chiesa si offre nella sua sobria suggestività a navata
unica con pareti bianche e la volta a botte intervallata da vele che
contornano le finestre. La pavimentazione a losanghe marmoree bianche e
nere si dipana fino ai due gradini del presbiterio.
Sopra l’ingresso con bussola in legno di castagno e vetri, opera della
falegnameria artigiana Ballotta, , domina la cantoria decorata daelementi floreali d’intonazione barocca; su di essa era collocato l’organo,
andato perduto.
 
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Sulla parete di fondo a destra l’antica tabella lignea decorata, che
viene ancora utilizzata per indicare i nomi e gli incarichi del Consiglio
della Confraternita; a sinistra una bacheca racchiude alcuni oggetti e
documenti antichi, mentre sopra la cantoria è collocata la tela del pittore
contemporaneo Pietro Delfitto , Rapallese di adozione, che raffigura il
“Martirio di S. Stefano”.
Percorrendo con lo sguardo le pareti, al di sopra delle due
acquasantiere in marmo bianco, si vedono le lapidi che fanno memoria di
Confratelli benemeriti.
A sinistra entrando, i due marmi sovrapposti ricordano uno Benedetto
Molfino che nel 1687 elargì 60 lire genovesi annue in perpetua
all’Oratorio con l’impegno della celebrazione di una Messa cantata dopo
la festa del Corpus Dominis, e il piccolo, Vincenzo Banchero benemerito in
vita e in morte.
 
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Sul lato di fronte, l’altra lapide, datata 8 gennaio 1730, fa riferimento
al legato di 100 lire genovesi per la celebrazione di Messa cantata con
esequie al catafalco in suffragio di Paolo Emilio Bardi stabilito da
Francesco Bardi ed all’altra offerta di 600 lire erogata dagli eredi di
Giacomo Bardi.
 
 
Le sculture in gesso sono dell’artista Rapallese Italo Primi, la lunetta
posta sopra la porta della cantoria, riproducente l’Incoronazione della
Madonna, è il bozzetto per la realizzazione in marmo del fregio posto sul
portale del Santuario di Montallegro.
Nelle due nicchie trovano posto le statue in cartone romano
raffiguranti il protomartire S. Stefano e il Diacono S. Lorenzo; vennero
benedette il 15 luglio 1908 in occasione dell’ingresso del can. Gaetano
Muzio, nominato preposito dal Vescovo di Chiavari. Il 3 agosto successivo
si istituì la tradizione della festa della Confraternita e dell’Oratorio
dedicato a S. Stefano.
Alcuni crocifissi sono appesi alle pareti, particolare la croce in legno
nero con i segni della passione è uno dei simboli distintivi della
Confraternita “Mortis et orationis”.
Nella cappellina a sinistra è collocata la statua raffigurante
l’apparizione della Madonna a Montallegro, opera di Italo Primi e dono
della famiglia Solari Arena; La scena dell’Apparizione del 2 Luglio 1557
sul colle alle Spalle di Rapallo è resa con straordinario spirito mistico e la
dolcezza dei volti, il movimento delle figure, lo stupore attonito di
Giovanni Chicchizola, sono elementi che confermano il valore dell’artista
rapallese che tanto operò al santuario di Montallegro.
 
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Sul fondo, due gradini portano al presbiterio impreziosito dall’altare di
marmo policromo del 1752, opera, come già detto dei marmisti genovesi
Nicolò Durante e Felice Solaro. Sopra la cornice marmorea, con angeli
che sorreggono lo stemma della confraternita, racchiude una pala del
tardo seicento genovese, che raffigura Cristo sulla croce con ai piedi
anime del purgatorio.
La statua del “Cristo deposto di Croce” è il fulcro della Radicata pietà
dei Confratelli. Viene esposta nella chiesa durante la Settimana Santa per
la venerazione dei fedeli; sino a qualche decennio addietro veniva portata
in processione la sera del Venerdì Santo sorretta a braccia nella sua
“portantina” e circondata da ceri.
Si rinnova così ogni anno la tradizione del “ sepolcro” : l’Oratorio divien
meta obbligata di un itinerario di fede che si snoda fra le diverse chiese
rapallesi, cadenzato dalla preghiera e dalla meditazione. Nella sua “ cuna-
portantina”, ricca di intagli decorativi in legno dorati, il corpo esangue di
Cristo se invita alla contemplazione del mistero del mistero del Sacrificio
salvifico del Redentore, al contempo apre la speranza al prorompere della
Resurrezione.
La statua e la portantina vennero pulite e restaurate dalla prof.ssa
Anita Lombardi Venturi e dal marito Lorenzo Venturi nel 1987.
 
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Significativo elemento, fedele a quasi 400 anni di vita della
Confraternita, è l’abito dei confratelli; esso è indossato per le funzioni e
le processioni e recupera la forma tradizionale e si rifà a quanto stabilito
dallo statuto: “una cappa di tela nera semplice con maniche larghe alla
bocca, cinta di cordone nero: Porterà, sulla parte sinistra del petto, il
segno distintivo della Croce contornata del fregio portante la scritta
“Confraternita Mortis et Orationis” Il tipico cappuccio con i soli fori per
gli occhi, oggi non più consentito, aveva lo scopo di praticare, senza
essere riconosciuti, le opere di misericordia cristiana dal doge fino
all’ultimo popolano.
Dietro l’altare si accede alla sacrestia. Il pavimento in lastre di ardesia
ligure intervallate agli angoli da marmo bianco, arredata con armadi
settecento/ ottocenteschi, conferiscono all’ambiente una sobria eleganza:
inserito in una parete si trova l’antico Lavabo composto da vari elementi
in marmo bianco, testimonianza di pregio che viene dal passato.
All’interno della sacrestia sono conservati oggetti e abiti per il culto,
arredi, documenti e archivio, e quanto in uso per la Confraternita, di
indubbio interesse